Il vaccino anti-COVID ha ucciso molti giovani?

Sul web spesso si leggono affermazioni mirabolanti (quasi sempre prive di fondamento) col solo scopo di farsi pubblicità o avere dei “like”. L’argomento vaccini anti-COVID viene spesso tirato in ballo da persone che citano analisi “scientifiche” atte a dimostrare la sua pericolosità. Da quando è stato trovato il vaccino, tante persone “no vax” hanno sostenuto che nei giovani è stato registrato un eccesso di mortalità dopo la sua somministrazione. Davanti a queste affermazioni non bisogna arrabbiarsi o alzare la voce, bisogna semplicemente rispondere con dati ed analisi scientifiche. Noi abbiamo analizzato i dati provenienti dall’ISTAT e tutti i dettagli dell’analisi sono state pubblicati su una rivista scientifica (vedi in fondo il link all’articolo). Nella figura sotto (quella più in alto) sono rappresentati i decessi giornalieri di persone con meno di 30 anni: in Italia, negli ultimi 12 anni, ogni giorno muoiono in media 14 persone (in realtà il numero è leggermente calato nel corso degli anni per il calo della popolazione giovane). Il COVID è arrivato in Italia all’inizio del 2020 e i primi vaccini per la popolazione sono stati disponibili a inizio 2021: come si può vedere dal grafico sotto, relativo al periodo 2020-2022, dall’inizio del 2021 non si è registrato alcun incremento della mortalità giovanile. Intendiamoci, un vaccino è pur sempre una fonte di rischio e nessuno nasconde che alcune persone

possano aver avuto problemi di salute e arrivare in certi casi (pochissimi per fortuna) addirittura al decesso.

Un’ultima considerazione che non ha nulla a che fare con i vaccini. Nel grafico più in alto, indicato dalla freccia rossa che indica un numero di decessi molto alto (circa 60) il giorno 24 agosto 2016: non è un errore o una normale fluttuazione statistica, è l’effetto del terremoto di Amatrice.

L’articolo cui fa riferimento il testo è “A statistical model to identify excess mortality in Italy in the period 2011-2022” pubblicato sulla rivista scientifica European Physical Journal Plus (ref: Eur. Phys. J. Plus (2024) 139:348)  e su arXiV:2404.06111v1 [physics.med-ph] (visible al link https://doi.org/10.48550/arXiv.2404.06111 ).

Abbiamo le prove di un cambiamento climatico?

Uno dei più attuali argomenti alla base della nostra vita è l’eventuale cambiamento climatico. Ci sono scienziati che sostengono che l’inquinamento sta causando un pericoloso innalzamento delle temperature, altri che dicono che sono solo fluttuazioni statistiche. Qualsiasi sia la verità, ognuno di noi ha la sensazione che le stagioni siano sempre più calde e meno sopportabili, soprattutto in estate durante le ondate di calore. E’ possibile passare da una sensazione corporea a dei numeri che “certifichino” l’effetto di questo cambiamento? Abbiamo studiato il numero dei decessi giornalieri fornito dall’ISTAT per cercare di capire gli effetti di queste ondate di calore nella popolazione italiana dal 2011 al 2022 compresi. Come si vede nella figura 1, in condizioni normali, il periodo estivo è caratterizzato da un minor numero di decessi

Figura 1 Numero dei decessi giornalieri dal 2011 al 2019. Gli anni riportati in blu sulle figure sono posizionati nel periodo estivo. I picchi di calore estivo sono stati ombreggiati di arancione.

rispetto a quello invernale, pur tuttavia ogni tanto il numero dei decessi presenta dei picchi concentrati in pochi giorni. Prendiamo ad esempio la famosa estate del 2015 (quarto grafico) che fino a pochi anni fa era ritenuta una delle più calde in assoluto: durante quella estate si sono verificati 4 picchi di calore: il primo nella prima decade di giugno, il secondo nella prima settimana di luglio, il terzo attorno al 20 luglio e il quarto nella prima settimana di agosto. In perfetta corrispondenza con i picchi di calore si sono verificate degli eccessi di mortalità. Al contrario, nell’estate del 2016 non si sono registrati picchi di calore e di conseguenza nessun eccesso di mortalità. Come sono andate le cose negli ultimi anni? Nella figura 2 sono riportati il numero dei decessi giornalieri nel periodo dal 1° novembre 2019 al 31 dicembre 2022. Come si vede,

Figura 2 Numero dei decessi giornalieri dal 2020 al 2022. Gli anni riportati in blu sulle figure sono posizionati nel periodo estivo. I picchi di calore estivo sono stati ombreggiati di arancione

nelle ultime estati i picchi di calore sono stati più numerosi e di conseguenza il numero dei decessi è aumentato. Particolare l’estate del 2022 che è stata in generale molto calda (area gialla nella figura) con all’interno picchi di calore ancora più caldi (arancioni nella figura). Nella Fig. 3 sono riportati il numero dei decessi dovuti ai picchi di calore estivi: fino al 2018 vi era un andamento pressoché costante con la sola eccezione del 2015.

Figura 3 Numero dei decessi dovuti ai picchi di calore estivi.

Negli ultimi anni, invece, c’è stato un continuo aumento dei decessi a causa delle ondate di calore a dimostrazione che qualcosa sta cambiando. Da questa analisi non si può certamente dire che siamo all’interno di un cambiamento climatico, ma possiamo affermare senza ombra di dubbio che gli effetti del ripetersi di giornate torride si ripercuote su quella parte di popolazione più debole (tipicamente le persone anziane) che non regge a questi sbalzi climatici. Nell’estate del 2022, oltre ai picchi di  calore si è verificato anche un aumento dei decessi dovuti ad un’ondata di COVID che ovviamente non è stato conteggiato in questa analisi. Spesso nelle scorse estati, abbiamo riso leggendo che nei giorni più caldi le persone anziane si rifugiavano nei centri commerciali per godere del refrigerio dei condizionatori: oggi invece dobbiamo ammettere che fanno benissimo, ne va della loro vita!

L’articolo cui fa riferimento il testo è “A statistical model to identify excess mortality in Italy in the period 2011-2022” pubblicato sulla rivista scientifica European Physical Journal Plus (ref: Eur. Phys. J. Plus (2024) 139:348)  e su arXiV:2404.06111v1 [physics.med-ph] (visible al link https://doi.org/10.48550/arXiv.2404.06111 ).

 

 

 

Quante persone sono morte di COVID in Italia?

Secondo l’Organizzazione Mondiale per la Salute OMS, una persona è deceduta a causa del COVID quando il caso è clinicamente confermato e non sussiste una chiara causa di morte alternativa non correlata al virus. Da questa vaga definizione, sono ovviamente nate tante diverse interpretazioni: se una persona anni prima aveva avuto un problema di salute ed ora era deceduta col COVID, era da considerare morta a causa del virus o no? E’ chiaro che in tutto il mondo (e anche in Italia) ogni medico che ha redatto il documento di morte ha agito in base alla propria interpretazione magari spesso diversa da quella usata da un altro collega. Alcuni stati ci hanno anche giocato su questo aspetto, dichiarando morti per COVID solo le persone che in precedenza erano perfettamente sane, tenendo così il numero di decessi estremamente basso. Contare il numero di decessi in base all’interpretazione di migliaia di medici differenti può portare a numeri diversi dalla realtà. Un metodo alternativo è studiare il numero totale di decessi giornalieri avvenuti per qualsiasi causa (quindi senza far appello a nessuna interpretazione) e contare quelli in eccesso rispetto a quelli che ci si aspetta: non è semplice perché il problema è calcolare quanti decessi ci si aspetta ogni giorno.

Fig. 1 In alto il numero totale di decessi giornalieri nel periodo 1° gennaio 2011 – 31 dicembre 2022 (Le scritte che indicano l’anno sono posizionate in estate). Nel riquadro sotto è riportato il numero dei decessi giornalieri nel periodo 1° novembre 2019 – 31 dicembre 2022 con evidenziati tutti gli eccessi di morti (identificati con la lettera G e un numero sequenziale Gn), con sovrapposta (grafico grigio pieno) il numero di decessi dovuti al COVID riportato dal’ISS.

In Fig. 1 in alto, è mostrato il numero dei decessi giornalieri dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2022 forniti dall’ISTAT: alla base si vede un andamento ondulatorio in leggera crescita nel corso degli anni (descritto dalla curva blu), che mostra un maggior numero di decessi in inverno rispetto all’estate. Sopra l’andamento ondulatorio, si vedono tanti eccessi di morti (identificati dall’area gialla o blu) dovuti a cause fuori dalla normalità (influenze invernali, virus improvvisi, ondate di calore, …). Per stimare il numero dei decessi presenti in ogni picco è necessario avere una curva (da ora la chiameremo funzione) che contenga il comportamento ondulatorio in leggera crescita nel corso degli anni e che descriva tutti i picchi (sono stati 60 negli ultimi 12 anni); nella fig. 1 in alto, l’andamento globale dei decessi è descritto dalla curva rossa. Questa funzione l’abbiamo costruita e l’abbiamo adattata ai dati con un metodo che si chiama minimizzazione del χ2 (Chi quadro) ed è possibile vedere tutti i dettagli al link all’articolo (riportato alla fine di questo blog). Come si può vedere la funzione descrive molto bene l’andamento dei decessi, e, in linguaggio scientifico, questo è dimostrato da un valore del χ2 normalizzato di 2.7 su oltre 4000 gradi di libertà.

Nella fig. 1 in basso (riquadrata di rosso) è riportata lo stesso grafico di sopra ma per il periodo 1° novembre 2019 – 31 dicembre 2022. In questi 3 anni ci sono stati molti picchi di mortalità dovute a diverse cause, tra cui il COVID, influenze invernali e ondate di calore estive. Per identificare i picchi dovuti al COVID abbiamo analizzato i dati provenienti dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e del Dipartimento della Protezione Civile (DPC), che contengono solo i decessi dovuti al COVID, dove però sussiste il dubbio dovuto all’interpretazione del medico; la figura ombreggiata di grigio sono il numero dei decessi riportati dall’ISS. I picchi di decessi presenti nei dati ISTAT, sono stati definiti causati dal COVID se negli stessi giorni si trovava il picco sia nei dati dell’ISS che della DPC: nella figura 2 è stato riportato lo stesso grafico di figura 1 (quella a partire dal 1° novembre 2019), dove sono stati ombreggiati di giallo i soli picchi dovuti al COVID

Fig. 2 Numero dei decessi giornalieri nel periodo 1° novembre 2019 – 31 dicembre 2022 con evidenziati in giallo gli eccessi di morti dovuti al COVID

Dalla figura 2 si vede chiaramente l’inizio della pandemia (picco identificato come G37). Questa prima ondata ha causato circa 53 mila decessi, mentre l’ISS e la DPC ne hanno stimati circa 35 mila: tale discrepanza è spiegabile con la grave emergenza sanitaria, in cui non ci fu né la possibilità di fare tamponi a persone decedute che vennero derubricate come morti non dovute al COVID, né di fornire ricoveri ospedalieri a chi ne necessitava (morti indirette).  Il COVID ha colpito soprattutto nelle stagioni fredde con 3 ondate tra l’inverno del 2020 e la primavera del 2021 ed altre 3 tra l’inverno del 2021 e la primavera 2022. In maniera meno violenta, il COVID ha colpito anche in estate, in particolare nel settembre del 2021 e nel luglio del 2022. Dall’inizio della pandemia fino al 31 dicembre 2022, il COVID ha causato in Italia 216 mila decessi (diretti ed indiretti) con un’incertezza di circa 7000 unità. La stima è superiore a quella quotata dall’ISS e dalla DPC nello stesso periodo (circa 180 mila unità), per i motivi prima descritti. Il COVID ha colpito soprattutto le persone anziane, il 95% delle persone colpite avevano un’età superiore ai 60 anni. Nonostante nella popolazione italiana in questa fascia di età, le donne siano in numero superiore agli uomini (55% contro 45%), il COVID ha ucciso maggiormente le persone di genere maschile (circa 115 mila unità) rispetto a quello femminile (circa 100 mila unità).

L’articolo cui fa riferimento il testo è “A statistical model to identify excess mortality in Italy in the period 2011-2022” pubblicato sulla rivista scientifica European Physical Journal Plus (ref: Eur. Phys. J. Plus (2024) 139:348)  e su arXiV:2404.06111v1 [physics.med-ph] (visible al link https://doi.org/10.48550/arXiv.2404.06111 ).

Lo strano andamento della mortalità giornaliera

Una domanda che probabilmente non ci siamo mai fatti è chiedersi quante persone muoiono ogni giorno in Itallia. La risposta è abbastanza semplice: in Italia in media muoiono circa 1650 persone al giorno. In realtà questo numero cresce leggermente di anno in anno a causa dell’aumento del numero delle persone anziane. Questo significa che in un anno muoiono circa 600 mila persone (se non avvengono eventi eccezionali) pari al 1% dell’intera popolazione. Un aspetto peculiare è che il numero di decessi giornalieri varia molto tra le stagioni fredde e quelle calde; recentemente abbiamo scritto un articolo (vedi sotto tutti i dettagli) utilizzando i dati  forniti dall’ISTAT nel periodo dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2022. La figura mostra il numero dei decessi giornalieri in questi 12 anni. L’andamento non è piatto (a giustificare che la probabilità di decesso è

Figura 1. Numero di decessi giornalieri dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2022. Le scritte che indicano l’anno sono posizionate in estate.

uguale qualsiasi giorno dell’anno), ma presenta un aspetto ondulatorio in cui risulta evidente che si muore maggiormente in inverno rispetto all’estate. Perché? In Italia l’età media della popolazione è alta, circa 47 anni con oltre il 12% delle persone con più di 75 anni: spesso le persone anziane hanno problemi di salute che li rende più fragili e dunque meno resistenti agli agenti esterni quali freddo e influenze invernali. Diciamo che, nonostante l’enorme progresso fatto dall’uomo, la natura determina sempre il nostro ciclo vitale. In realtà l’andamento periodico è spesso modificato da grandi eccessi di morti soprattutto nel periodo invernale (è ben visibile il primo picco del COVID del marzo 2020, ma su questo torneremo in un altro blog) e da picchi estivi dovuti alle varie ondate di calore (anche su questo punto faremo un blog).

L’articolo cui fa riferimento il testo è “A statistical model to identify excess mortality in Italy in the period 2011-2022” pubblicato sulla rivista scientifica European Physical Journal Plus (ref: Eur. Phys. J. Plus (2024) 139:348)  e su arXiV:2404.06111v1 [physics.med-ph] (visible al link https://doi.org/10.48550/arXiv.2404.06111 ).

Attenzione, la “discesa” sembra finita

L’ondata Omicron è stata importante sia per il numero di contagiati (circa 8 milioni di persone), che per la rapidità di crescita che è passata da circa 20 mila nuovi positivi al giorno di metà dicembre, agli oltre 200 mila di inizio gennaio.

Fortunatamente, in maniera quasi altrettanto veloce, verso la fine di gennaio è iniziata una decrescita che ci aveva fatto sperare che quest’ondata si sarebbe conclusa verso la fine di febbraio. Purtroppo ad un certo punto il meccanismo di discesa si è inceppato e la decrescita è stata sempre più lenta. Qui sotto vedete il grafico dei positivi giornalieri con due curve sovrapposte: quella gialla è una derivata della funzione Gompertz, mentre quella blu è la media mobile (su una settimana) dei conteggi. Abbiamo discusso in precedenti post (primo post, secondo post) come la funzione Gompertz sia in grado di descrivere precisamente la fase di discesa della curva dei contagi fino all’insorgere di nuove ondate.

La curva gialla è stata ottenuta usando i dati fino al 22 febbraio, dopo di che è stata estrapolata. Come si vede dalla figura (nella zona evidenziata in arancione), in queste 2 ultime settimane l’andamento dei casi ha smesso di seguire la fase di discesa e mostra i sintomi di una ricrescita.

Questa inversione di tendenza è molto visibile anche dal grafico  dell’indice di contagio Rt visibile qui sotto (metodo Covidstat, ripreso dalla pagina dedicata del nostro sito).

Rt è sceso sotto il valore 1 il 24 gennaio ed ha proseguito una veloce discesa fino alla metà di febbraio raggiungendo il valore minimo 0.69, per poi però iniziare a salire e sfiorare 0.9 in questi giorni. E’ probabile che nei prossimi giorni Rt continui a salire anche oltre il valore 1 e di conseguenza i positivi giornalieri aumenteranno. Il motivo di questa crescita non è chiaro e potrebbe non essere unico: un contributo potrebbe derivare dal basso numero di bambini vaccinati nella fascia 5-12 anni (circa il 35%), oppure dal calo di misure restrittive, o dalle frontiere più aperte, … tante possibili concause.

La cosa importante è accorgersi quanto prima (e questo è il motivo fondamentale di fare l’analisi dei dati) che stiamo entrando in un’altra fase e dunque ci dobbiamo preparare a fronteggiarla con gli interventi opportuni (distanziamento, mascherine, vaccini, …). Terminiamo con una nota di ottimismo: l’arrivo della primavera porterà temperature più alte e ci spingerà a passare più tempo in luoghi aperti dove minore è la probabilità di contagio.

Definita la capienza massima di cinema, teatri e stadi

Pochi giorni fa è stata ridefinita la capienza massima per cinema e teatri all’80% e per gli stadi al 75%. Sono numeri che lasciano perplessi, ma il problema è che a meravigliarsi è la matematica. Lo scopo è chiarissimo: far ripartire le attività cercando comunque di proteggersi dal contagio; il problema è che per combattere in maniera seria il covid è necessario proteggere tutte le persone allo stesso modo. Riempire teatri e cinema all’80% significa occupare 4 posti e tenerne 1 libero.

Considerando le persone vicine come quelle alla propria destra, sinistra, davanti e dietro, si vede (1° figura) che la metà delle persone ha 4 persone vicine (nessun distanziamento), mentre l’altra metà ne ha 2 vicine (“distanziamento parziale”). La situazione non cambia considerando i soli posti a destra e sinistra (nell’ipotesi di un cinema o teatro con file molto distanti tra loro): ci saranno la metà delle persone con posti occupati a destra e sinistra (nessun distanziamento) e l’altra metà con un solo posto occupato (“distanziamento parziale”). La situazione è più fortunata per gli spettatori seduti ai bordi di ogni fila che hanno sempre un lato libero. Comunque, in qualsiasi modo disponiate il 20% di posti vuoti, non troverete un risultato migliore. Se si vuole distanziare tutte le persone allo stesso modo, la matematica non ammette mezze misure e la capienza deve essere inferiore o al massimo uguale al 50%.

Nella 2° figura, la struttura è riempita al 50% e ogni persona ha vicino a se un posto libero (sia che si consideri solo le file o anche le colonne). Per gli stadi il discorso è ancora peggiore, riempire al 75% significa occupare 3 posti e lasciarne libero 1 e anche in questo caso non ci sarà nessun spettatore distanziato completamente dagli altri. Distanziare in maniera uguale le persone significa ridurre la capienza di un fattore 2, 4, 8 … (cioè ridurre i posti al 50%, 25%, 12,5% …) a seconda di quanto si vuole allontanare le persone tra loro, mentre in questo caso di è deciso di ridurre di 1/4 (cioè al 75%) e 1/5 (all’80%) che è sicuramente utile per far ripartire un settore, ma poco utile come contromisura per il covid.

Concludiamo: questa volta il legislatore ha voluto proteggere solo su base statistica e non tutta la popolazione, a questo punto non ci resta che andare a qualche spettacolo e sperare di essere vicino ad uno dei posti liberi, oppure, piccolo consiglio, andate un po’ in anticipo e occupate i posti laterali!!!

 

Attenzione!!!!

In Italia e in generale nel mondo, siamo in un periodo favorevole, ogni giorno sono vaccinate milioni di persone e l’arrivo dell’estate, almeno nel nostro emisfero, dovrebbe aiutare il processo di regressione del contagio. In questo panorama positivo c’è però un aspetto preoccupante: a fianco potete vedere il grafico del numero di positivi giornalieri del Regno Unito (media mobile a 7 giorni) dall’inizio della pandemia ad oggi. Nel grafico sono ben visibili i picchi del 2020 in aprile e novembre e il successivo del gennaio 2021. Per uscire dall’emergenza dell’ultimo picco, il Regno Unito attivò due mesi di lockdown e una campagna vaccinale piuttosto consistente che ridusse i contagi giornalieri da 60000 a meno di 2000. Questo miglioramento ha portato una drastica riduzione delle misure restrittive e la vita ha ripreso in maniera quasi regolare. Purtroppo negli ultimi 20 giorni (vedi riquadro rosso) il numero di positivi giornalieri è costantemente aumentato arrivando a circa 6000. Questa crescita ha un andamento esponenziale, con un tempo di raddoppio di 15 giorni nella prima parte e di 9 nella seconda: il significato è chiaro, se continuerà così, ogni 9 giorni il numero dei positivi raddoppierà. Questo aumento comporta anche una crescita dell’indicatore Rt che è arrivato a 1.4. Tuttavia l’aumento dei positivi non porta necessariamente ad un aumento dei decessi, in quanto potrebbe trattarsi soprattutto di contagi su persone giovani non ancora vaccinate che tipicamente sopravvivono alla malattia (purtroppo non abbiamo i dati per verificarlo). Attualmente il numero di decessi in UK mostra un andamento costante che potrebbe anche essere dovuto al picco di contagi negli ultimi mesi. La domanda ovvia è: perché in un panorama generalmente positivo, il Regno Unito sta peggiorando? Non c’è una risposta certa, ma solo ipotesi:

  • Il Regno Unito ha deciso di ritardare la somministrazione della seconda dose, oltre ai limiti suggeriti dai produttori dei vaccini, per poter garantire la somministrazione della prima dose alla maggior parte possibile della popolazione. Questa scelta potrebbe avere ridotto l’efficacia del vaccino. Ad oggi in UK sono stati vaccinati il 61.1% della popolazione con almeno la prima dose e il 43.6% con la seconda (qui il sito UK delle vaccinazioni). Per confronto in Italia ad oggi queste percentuali sono rispettivamente 47.1% e 21.2% (vedi la nostra pagina web sulle vaccinazioni)
  • il vaccino (la gran parte delle somministrazioni è avvenuta con Astra Zeneca) potrebbe non essere completamente efficace contro la variante indiana presente nel Regno Unito; (qui il bollettino ISS con la situazione delle varianti in Italia, aggiornata all’11 Giugno)
  • le misure restrittive sono troppo deboli per contrastare la diffusione del virus nelle persone non ancora vaccinate;

Al momento in Italia niente lascia presagire una crescita, ma uno sguardo a chi ci sta vicino ci deve far capire che non siamo ancora usciti dalla pandemia ed è fondamentale continuare a mantenere quelle misure di prudenza personale (mascherine, distanziamento, lavaggio mani, …) specie adesso che stiamo andando verso una notevole riduzione delle misure restrittive.

Una fotografia precisa

A inizio pandemia (da marzo 2020 all’estate) le misure restrittive sono state uguali per tutta l’Italia, mentre dall’autunno 2020 ad oggi si è cercato di adeguarle a realtà più piccole come regioni, province e comuni. Come conseguenza, i grafici relativi a tutta l’Italia danno solo un’immagine mediata di tante piccole realtà differenti e per avere una fotografia precisa è necessario studiare la singola regione, o meglio ancora la singola provincia. A questo scopo il sito si è arricchito di molti grafici relativi alle province (tutti quelli ottenibili dai dati della protezione civile) raggiungibili all’interno della sezione grafici, selezionando per i 3 sottocampi “Regioni”, “dati” e “province” rispettivamente il nome della regione, la voce province e il grafico che si vuole vedere (come indicato in figura 1). Continua a leggere

Rt: un mistero svelato

Lo sviluppo di un’epidemia è un processo complesso:  In questo blog vogliamo illustrare il legame che c’è tra il numero di positivi giornalieri e il valore dell’indice Rt.

Semplificando, possiamo dire che lo sviluppo dell’epidemia dipende essenzialmente da due fattori.

  • il numero medio di persone contagiate da un soggetto positivo, quantità descritta dall’indice chiamato Rt ;
  • il numero di giorni nei quali una persona rimane positiva e può contagiare; per il COVID questo numero è molto difficile da determinare, ma si ritiene che una stima media attendibile sia di circa 6.5 giorni.

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L’Emilia Romagna è tornata arancione

L’Emilia-Romagna è tornata arancione. Non è una bella notizia, ma ha una sua spiegazione: purtroppo l’indice Rt (cruciale nella decisione del colore) di molte province della regione indica una preoccupante salita avvenuta nel mese di febbraio.  Ma guardiamo bene queste curve, c’è anche il lato positivo, quasi tutte le curve mostrano una tendenza a scendere che fanno ben sperare per il prossimo futuro.

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